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Experience: la storia di Ludovico Einaudi

19.08.2021, di Luca Testoni

Un  podcast interamente in lingua inglese ha provato a svelare i retroscena della musica di Luovico Einaudi e le motivazioni del suo successo internazionale

«Quel che ti dà Ludovico con la sua musica è spazio. Ti permette di andare ovunque tu voglia, anche perché è la sua stessa musica è spazio».

L’attore-regista neozelandese Russel Crowe, che ha voluto Einaudi per la colonna sonora del suo film d’esordio alla regia “The Water Diviner”, non è l’unico ad esprimere parole di ammirazione per il “maestro” ascoltando l’appassionante podcast “Experience: The Ludovico Einaudi Story”.

Un podcast tutto in lingua inglese, lungo un paio d’ore e suddiviso in tre parti (“Ascent”; “View From The Other Side”; e “Solo”), in cui Ludovico Einaudi parla in prima persona di se stesso, della sua famiglia, delle sue amicizie importanti (da Italo Calvino a Luciano Berio), ma in cui si offre una chiave di lettura per capire le ragioni del successo internazionale delle suo ormai inconfondibile pianismo accessibile, minimalista e capace di regalare emozioni e un forte senso di pace a milioni di ascoltatori in giro per il mondo.

A fare da voce narrante Joe Dempsey, l’attore britannico di “Trono di Spade”, ma anche della serie tv legata a doppio filo a “This is England”, riuscitissima pellicola su amicizia e razzismo dell’inglese Shane Meadows. È stato proprio Meadows il primo regista a inserire le composizioni di Ludovico Einaudi nella colonna sonora di un film. Il primo di una lunga serie: da Èric Toledano, che ha scritto e diretto con Oliver Nakache il best seller francese “Quasi Amici” fino al premio Oscar “Nomadlands” di Chloe Zhao (lo ha scoperto guardando su You Tube “Elegy For The Artic”) passando per “The Father” di Florian Zeller.

«Mi sono imbattuto in un pezzo strumentale al piano ascoltando Classic Fm che mi era piaciuto tantissimo. Lo trovavo perfetto per la mia storia, ma non sapevo di chi fosse. Per una coincidenza fortunata lo riascoltai dalla radio di un tassista di ritorno da un viaggio qualche tempo dopo e ho scoperto che era di Ludovico Einaudi. Che sollievo. Già, la sua musica è sollievo», ha raccontato Meadows, che da lì a poco avrebbe raggiunto Einaudi nel suo appartamento milanese per definirei dettagli di una colonna sonora che avrebbe segnato un punto di svolta nella carriera del compositore torinese.

A proposito di Classic Fm, è stata proprio la stazione radio britannica ad aprire le porte del mercato britannico alle note targate Ludovico Einaudi. È stato Nick Bailey, prima voce di Classic Fm, a trasmettere l’album “Le Onde”. E quelle ipnotiche melodie hanno subito conquistato gli ascoltatori, increduli di fronte alla bellezza della musica di un italiano del quale non sapevano nemmeno pronunciare correttamente il nome. Da lì a poco, Greg James, deejay di BBC Radio 1, cinque milioni di spettatori al giorno di media, avrebbe trasformato “I Giorni” in una hit da classifica pop. Era il giugno 2011. Nove anni dopo, nel caos della crisi pandemica, l’arte che nasce dalle dita di Einaudi è stata tra le più richieste nelle piattaforme online. D’altronde è il suo minimalismo applicato alla musica che ti rapisce, ti colpisce al cuore e ti porta altrove, ricordandoti quanto il mondo potrebbe essere puro e più semplice.

«La musica di Einaudi è stata un’ispirazione per la mia scrittura e un autentico tonico per il mio cervello», ha detto la scrittrice di best seller fantasy statunitense Leigh Bardugo. «Mi piace che i suoi brani non indichino una strada precisa, ma lascino tante porte aperte».

«La grandezza di Einaudi? L’umiltà e la capacità di ascolto», hanno dichiarato concordi due storici collaboratori di Einaudi come il maestro della kora maliano Toumani Diabate e l’elettronicista berlinese Robert Lippok.

«All’inizio volevo trovare un mio spazio nella musica mettendo assieme avanguardia, classica, Beatles, Jimy Hendrix e Stravinsky», confida Ludovico. Beh, l’obiettivo è stato raggiunto, no?

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