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Kazu Makino: la Selkie che arrivò all’Isola d’Elba

10.05.2021, di Giacomo Luperini

Kazu cattura e racconta visioni da un mondo lontano. Nel cortometraggio girato all’Isola d’Elba, la musicista dei Blonde Redhead è una creatura marina che ogni cento anni diventa umana

Secondo una leggenda celtica, con un po’ di fortuna ci si può imbattere per mare in una “Selkie”. Le Selkie sono esseri mitologici dalle fattezze di foca, in grado di sfilarsi la propria pelle per poter godere delle prelibatezze della terra sotto false spoglie umane. Almeno finché il richiamo del mare non diverrà troppo potente per potervi resistere. 

Con il suo lavoro “Adult Baby”, Kazu Makino si “sfila la pelle” del suo gruppo di appartenenza e si rivela nella sua complessità. Lo fa con sonorità morbide, psichedeliche e oniriche del suo nuovo album dalla narrativa fluida e lo fa anche realizzando un visual album, sotto la regia di Eva Michon girato interamente all’Isola d’Elba

Su quest’affascinante isola tirrenica,  Kazu Makino, in arte Kazu,  già acclamata cantante e musicista dei Blonde Redhead, ha ambientato il suo cortometraggio e sostiene di aver trovato una seconda casa nella quale superare le sue debolezze e realizzare la sua prima opera solista

Proprio in queste acque, l’anno scorso è stato segnalato il ritorno della solitaria e misteriosa foca monaca (Monachus monachus Hermann), sparita da questi mari da oltre cinquant’anni. Si racconta all’Isola d’Elba che la foca monaca potesse risalire occasionalmente i pendii scoscesi sul mare, per rubare e gustare i grappoli d’uva d’aleatico che crescono su queste coste soleggiate. Nel cortometraggio Kazu si rappresenta come una gigantesca creatura marina solitaria, in grado di trasformarsi provvisoriamente in un’umana per godere delle delizie della terra ferma

Nel suo visual album, la vediamo vagare come un’aliena che approccia il mondo per la prima volta: tramortita e affascinata da un paesaggio nuovo, ricco di amori fugaci e intensi, attraverso i chiassi (vicoli) e le spiagge del piccolo borgo elbano di Capoliveri. Alla fine del suo percorso, la Gigantessa torna alle sue sembianze naturali, sovrasta il paese per poi tuffarsi e sparire nel blu. Di lei rimane solo un enorme vestito abbandonato sull’arenile e delle gigantesche impronte impresse nella sabbia. Ciò che rimane, insomma, è la sua “pelle terrestre”, una muta necessaria per un cambiamento verso una vita nuova. Le tracce di ciò che ha creato restano, ma sono pericolosamente minacciate dalla possibilità di essere inghiottite dai marosi. 

Nelle note e nelle immagini dell’artista si percepisce un forte senso di spaesamento e di scoperta, un vero e proprio viaggio nel costante rischio della perdita del sé attraverso le vicissitudini della vita. Una coinvolgente ricerca del proprio nucleo umano, di ciò che ci rende unici rispetto al resto del mondo. Voci sussurrate, orchestrate, sintetizzatori, acuti graffianti, campionature pop e loop, costituiscono la colonna sonora di un lento processo di trasformazione, una pausa nell’assurdo per vivere con occhi diversi la realtà quotidiana. 

Molte le collaborazioni che colorano l’album “Adult Baby”: Amedeo Pace dei Blonde Redhead, The Art Orchestra Of Budapest, Robbie Lee al flauto, Greg Saunier, Ryuichi Sakamoto al piano, Mauro Refosco degli Atoms for Peace, il batterista dei Son Lux, Ian Chang e il produttore Sam Griffin Owens

Kazu ha concluso questo primo gradito viaggio sperimentale e prosegue con la sua collaudata carriera nei Blonde Redhead. Rimaniamo in attesa del nuovo album della band -previsto per la fine del 2021- e del ritorno della Silke sulle sue coste solitarie. 

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