Kula Shaker, al Regio di Parma va in scena l’elegia del Brit-pop che resiste
Di Luca Testoni
Ad oltre 25 anni di distanza dal dirompente esordio discografico “K”, i Kula Shaker, ribattezzati gli ultimi eretici del rock made in England, rispondono ancora “presente”.

Nell’hit parade del 1996 la band capitanata dall’estroso Crispian Mills guardava più o meno tutti dall’alto in basso grazie a una curiosa ricetta musicale con cui propinava a piene mani esuberante psichedelia in stile Anni Sessanta, una rilettura originale del Brit-pop e misticismo indiano. D’altronde, parlando di India, il nome della band deriva da quello di un re indiano del nono secolo.
Tra alti e bassi, e dopo (tanti) anni di attesa per i loro fan, Mills & C. sono ritornati in pista proprio quest’anno complice l’uscita di “1st Congregational Church of Eternal Love & Free Hug”, un doppio e quantomai ambizioso disco in cui revival rock (in stile Beatles e dintorni) e ascetismo indiano fanno da rumorosa e intrigante colonna sonora al manifesto ideale perorato dai Kula Shaker: la ricerca di fratellanza planetaria. Un’utopia in tempi di autocrazie e di minacce di guerre atomiche, ma crederci non costa nulla, no?
Un ritorno in bello stile come quello dei rocker che si trovano a proprio agio tanto con le chitarre elettriche quanto con i sitar meritava una cornice all’altezza. Difficile trovare meglio del Teatro Regio di Parma, una splendida bomboniera che garantisce al pubblico una visuale invidiabile e un’acustica da 10 e lode. L’appuntamento è per il 15 dicembre. Lo show parmense dei Kula Shaker, la loro unica data italiana, rientra a pieno titolo nel Barezzi Festival, rassegna che prende il nome da Antonio Barezzi, l’illuminato mecenate di Giuseppe Verdi che ne intuì il genio e ne sostenne gli studi e l’inizio della carriera.
Ad aprire il concerto, gli allievi del Conservatorio di Parma che, nell’ambito del progetto Barezzi Evergreen, fanno incontrare in modo virtuoso musica sinfonica e pop.

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