fbpx

Chiamatemi Herbie…

di Luca Testoni

Gigante. Maestro. Icona. Esageriamo? Niente affatto. Herbie Hancock, ospite il 21 luglio del Festival Tener-A-Mente, nella prestigiosa cornice dell’anfiteatro del Vittoriale di Gardone Riviera, è uno degli ultimi superstiti della stagione d’oro del jazz. Già, perché in alcuni dei momenti cruciali della storia del jazz afroamericano del Novecento questo ingegnere mancato dalla curiosità innata c’era. Sempre.

Sessant’anni fa esatti, per esempio, il pianista-compositore originario di Chicago, 83 anni lo scorso 12 aprile, fu cooptato da Miles Davis affinché entrasse in pianta stabile nel secondo grande quintetto del mitico trombettista, dividendo il palco con colleghi del calibro di Ron Carter al basso, Tony Williams alla batteria e del grande sassofonista Wayne Shorter, scomparso da poco. «Un sogno», lo definisce ancora oggi Hancock. 

Dopo quell’esperienza creativamente insuperabile che ha letteralmente rivoluzionato il genere (dal post be-bop si è approdati in un decennio alle soglie del jazz-rock e della contaminazione con il funk) avrebbe potuto vivere sugli allori. Nessuno gliene avrebbe fatto torto. E invece no. Ha firmato colonne sonore capolavoro per film come “Blow Up” e “Round Midnight”, che gli è pure è valsa un Oscar. E non è l’unico riconoscimento avuto…

Herbie Hancock ha fatto di tutto per ampliare i confini della sua musica, guidando prima la svolta elettrica e poi quella elettronica, ed è stato il primo a prendere un disco di platino per un disco jazz. Mai ascoltato “Hedhunters”? Lì dentro c’è tutto lo stile hancockiano: le sue tastiere sono un mix irresistibile di jazz elettrico, funk, rock e anche pop. Mai stato un tipo con la puzza sotto il nostro. Non a caso ha collaborato con tantissimi colleghi, in apparenza lontani anni luce da lui. Qualche nome? Giorgia, e Simple Minds, Sting ed Annie Lennox, John Mayer e Christina Aguilera, Paul Simon e Carlos Santana, Joss Stone e Damien Rice. Pochi nell’industria musicale hanno avuto un’influenza sul jazz acustico ed elettronico paragonabile alla sua. Come ha scritto Miles Davis nella sua autobiografia, «Herbie è stato il passo dopo Bud Powell e Thelonious Monk, e non ho ancora sentito nessuno che sia venuto dopo di lui». Dunque, il concerto di Herbie Hancock è un qualcosa da non perdere. Un evento nel vero senso della parola. Sul Garda si esibirà alla testa di un quintetto a dir poco speciale del quale fanno parte Terence Blanchard alla tromba, James Genus al basso, Lionel Loueke alla chitarra e Jaylen Petinaud alla batteria. Chapeau!

Info & Tickets: https://ponderosa.it/artist/herbie-hancock/

  • Share

you may also like

Flying Lotus: musica del futuro al Fabrique

Non sarà un jazzman nel vero senso della parola, ma Flying Lotus, produttore discografico, deejay e filmmaker californiano, pronipote di una certa Alice Coltrane, conosce a menadito l’arte dell’improvvisazione.

Sun Kil Moon, ballate dall’altra America

Mark Kozalek, tra i nomi più longevi della scena cantautorale alternativa statunitense, porta in tour (anche) le canzoni del nuovo album “All The Artists”, uscito a inizio anno per l’etichetta discografica personale Caldo Verde Records

Luciano Linzi: «Ecco le mie chicche di JAZZMI»

Il direttore artistico (assieme a Titti Santini) del festival milanese parla del prestigioso traguardo raggiunto, ma soprattutto e ci regala un percorso ragionato all’edizione 2025. Si inizia con l’anteprima del 20 ottobre con il concerto della grande Diana Krall per proseguire fino al 9 novembre.

I Kokoroko fanno tris

Torna nel nostro Paese il collettivo afrobeat-jazz londinese Kokoroko.

all
news

playlist