Jan Garbarek
Bio
Jan Garbarek può probabilmente essere considerato uno dei musicisti che detta lo stile nel jazz europeo. E questo è stato valido per gli ultimi cinquant’anni. Innumerevoli musicisti sono stati influenzati dal suono di questo sassofonista norvegese, spesso descritto come innodico, lirico, vocale, etereo, meditativo e sicuramente scandinavo. Invece che adagiarsi su questo, e al contrario della sua auto-dichiarata pigrizia, Jan Garbarek all’età di 71 anni si batte ancora per avere esperienze musicali nuove e sempre migliori, preferibilmente live in concerto: ” Cerco solo di suonare ciò che io stesso vorrei ascoltare”, spiega con grande modestia. “Se qualcuno riesce ad immedesimarsi, alloora ottimo. Ogni reazione è buona. E anche nessuna reazione va bene. Ad essere onesto, non fa una gran differenza. Mettiamola così: io non sono Elvis Presley. Non posso prevedere o anticipare ciò che prova l’ascoltatore. Ma quando i musicisti sentono che sono dentro al ritmo, è un incantevole momento di pura felicità. Quella sensazione è assoluta euforia.”
Garbarek si mantiene in forma con la sua pratica quotidiana e “non vede una fine vicina” ma pianifica di continuare a essere creativo finche la salute glielo permette. Continua a comporre nuova musica incessantemente. Quando parla del suo lavoro creativo lo definisce una “cosa rotolante” e aggiunge “prima di poter solo pensare a una melodia o a una progressione di accordi, parto con l’idea di un particolare ritmo.” Nel 1963, figlio di un ex prigioniero di guerra polacco e della figlia di un contadino norvegese, è stato ispirato più da John Coltrane che dai Beatles. E proprio a Oslo, città in cui è nato, ha assistito a un concerto con Ravi Shankar, musicista indiano, al tempo non ancora famoso, ed è rimasto incantato. Ma ha anche a cuore le canzoni norvegesi, la musica elettronica di sua figlia Anna, le sonorità africane e la musica contemporanea. “Non posso comprendere davvero la complessità, ma posso sicuramente godere degli elementi da cui mi sento particolarmente attratto e che girano intorno alla mia orbita,” dice. “Durante gli anni sono diventato una specie di spugna. Si può dire che la musica che facciamo sia un vero ibrido imbastardito. È un mix. Non si tratta di raggiungere un qualsiasi tipo di perfezione o rimanere fedele a una certa tradizione. In effetti, è proprio l’opposto. Può essere di gran lunga più interessante lasciare alcune cose nell’area dell’ignoto. Dobbiamo piuttosto curare e andare avanti con le nostre imperfezioni, che fuggire da esse.”
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