Non abbiamo bisogno di giungle di acciaio, ma di città verdi

09.08.2021, di Giacomo Luperini
Milano deve scegliere chi essere e deve farlo in fretta: la città dell’acciaio e dell’inquinamento luminoso, o la città verde con gli orti urbani più estesi d’Europa?
Duecentoquarantatré pali per chilometro quadrato, più del doppio dei centodieci della media nazionale. A Milano c’è un palo ogni trenta abitanti. Ci sono zone di Milano nelle quali sembra di essere in una vera e propria giungla urbana di segnaletiche verticali, pali della luce e semafori, un caleidoscopico guazzabuglio di luci lampeggianti, inquinamento luminoso, segnali sgargianti e rigido acciaio, nel quale la bellezza di beni architettonici e la delicatezza dei patrimoni arboricoli viene quasi completamente inghiottita ed eclissata.
Basti pensare a Piazza della Repubblica, con oltre trecento pali e semafori in poche decine di metri quadri o a Piazza XXIV maggio, con i suoi tredici alberi sovrastati da ottantatré semafori e con veri e propri simboli della città, come Porta Ticinese, completamente inghiotti dalla fredda ragnatela dell’acciaio.
Tutto questo ha alti costi per la cittadinanza: costi economici, estetici e di qualità della vita. Per fare un esempio, ogni singolo palo luminoso piantato dal Comune, costa alla comunità una media di quindicimila euro, toglie spazio alla comunità umana e arboricola, contribuendo all’innalzamento delle temperature locali e crea un’indiscutibile bruttura.
Il sociologo James Q. Wilson pubblicò nel 1982 la Teoria delle Finestre Rotte, nella quale riscontrava un notevole aumento della criminalità, all’aumentare del degrado e delle brutture umane. Detta in maniera molto semplice: il bello nobilita, il brutto crea menefreghismo e violenza. Viene spontaneo chiedersi: perché non piantare alberi e smettere ci piantare pali che hanno un così alto costo per la società? Anche perché, secondo uno studio di Enrico Bonizzoli, esperto di segnaletiche urbane, oltre il 40% dei cartelli piantati a Milano, sarebbe inutile, errato o ridondante. Quasi uno su due.
In altri articoli sul tema, scritti da chi sicuramente ha idee più chiare di noi sulle motivazioni che possono aver portato a questi scempi autorizzati, si scrive della “volontà dei dirigenti di evitare cause e ricorsi”. Un dannoso eccesso di zelo, quindi.
È vero: noi di Ponderosa ci occupiamo prevalentemente di cultura, di musica dal mondo, ma siamo profondamente radicati a Milano e crediamo in un animo milanese differente, che esiste e si manifesta quotidianamente e che punta sempre più verso una città più verde e più a misura d’uomo.
Nel 2019 il Comune ha dichiarato lo stato di emergenza climatica e ambientale ed ha quindi puntato a politiche sempre più verdi: dalla riduzione del consumo di suolo, all’ampliamento della mobilità sostenibile, fino alla progettazione del più grande orto urbano d’Europa, che si estenderà tra Figino e Trenno e che comprenderà oltre 53 ettari di area verde.
Insomma: Milano è strattonata in due direzioni contrapposte e senza possibilità di dialogo e si trova sul punto di dover scegliere chi diventerà nei prossimi decisivi anni, particolarmente importanti per la lotta al cambiamento climatico.
Il futuro bussa sempre più forte, saremo preparati a rispondere adeguatamente?